Da deposito polveroso a museo. Ecco cosa può accadere nelle cantine di un istituto in provincia di Milano quando si incontrano persone spinte da passione e determinazione. Persone come il Dirigente Scolastico, Dottoressa Alida Gottardi, e come i suoi preziosi collaboratori, il professor Caggio, la maestra Edoro e la signora Marrazzi.
L’idea della dirigente Gottardi era quella di creare una sorta di archivio ordinato e facilmente consultabile e di realizzare una prima esposizione che restituisse a chi è stato bambino o maestro, la possibilità di rivedere quel patrimonio storico-educativo che sono gli utensili di chi insegna e di chi apprende. Ecco che, poco alla volta, ha preso forma, nelle “cantine” della scuola, un tempo solo deposito polveroso, il Museo Civico della Scuola di Parabiago.
Il Museo, in via IV Novembre, si compone di “sei angoli” che hanno lo scopo di condurre il visitatore in un viaggio non solo storico e della memoria ma anche metacognitivo per via del significato che assumono gli oggetti messi in quella posizione e non in un’altra: basti pensare al cartello posto all’ ingresso del museo con la scritta “A scuola!?” dove il punto esclamativo rappresenta l’ingiunzione storica e politica di andare a scuola mentre il punto di domanda la “sorpresa” e il dubbio dei piccoli scolari che quell’ ingiunzione la devono vivere.
E così ogni oggetto racconta più storie a seconda di chi lo interroga. All’alunno generazione 2.0 parla di bambini come lui ma che non avevano a che fare con cellulari e pc, di mele portate alla maestra, di qualche scapaccione volante, di inverni freddi…
Ai nonni, che un po’ emozionati si aggirano nel museo, ricorda il volto della maestra che dava loro il pallottoliere, la paura mai passata per quella macchia di inchiostro nero sul quadernino, la lode della maestra per un bel voto…
A chi vuole andare oltre spiega che quel paio di scarpine poste all’ ingresso significano il viaggio che ognuno di noi ha intrapreso col suo ingresso a scuola; dove, il primo giorno, siamo stati presi per mano e noi, alzando gli occhi, abbiamo visto quelli della maestra e in essi abbiamo letto la possibilità di essere portati a conoscere il mondo per essere cittadini del mondo… e, perché no, dell’universo. E allora ecco svelato il significato di quell’occhio posto alla fine del percorso , sistemato ai piedi del tellurio perché, per quanto si possa tenere i piedi “Per terra”, la scuola ha sempre chiesto di alzare il naso, di guardare le stelle e di sapere che sì siamo qui, ma in un più ampio seppur ordinabile cosmo che ci contiene.
Ma il Museo ci permette anche di conoscere altri attori del dialogo educativo: i maestri e le maestre. Non è difficile, guardando le pagine dei registri, immaginarli chini alla cattedra intenti a scrivere delle marachella del Pierino di turno, o della visita del signor direttore o, ancora, raccontare di come procede il programma. Tra quelle pagine, vergate in bella calligrafia, si possono leggere le ansie più profonde di quei maestri per allievi ammalati o troppo indisciplinati, la soddisfazione per le loro conquiste, la paura per la guerra che prepotentemente entra nella routine scolastica regalandoci brani di incredibile ricchezza umana. I registri degli insegnanti rappresentano una parte molto importante della collezione e sono spaccati di vita quotidiana scolastica, pagine ricche di umanità ed inesauribile fonte per la ricerca storica. Ripercorrono quasi cinquanta e più anni di scuola. I più vecchi riportano la data 1900 / 1901. Alcuni sono solo elenchi interminabili di alunni, altri racconti di una scuola che non c’è più ma che, davanti a frasi come questa: “maggio è un bel mese, per la classe prima prelude al raccolto. Gli alunni sono in grado di Leggere e di fare i loro piccoli calcoli….”, la rendono viva, ancora pulsante, capace di insegnare ai giovani maestri l’amore e la passione per un lavoro che non si esaurisce al suono della campanella.
Il Museo conta più di duemila pezzi tra arredi e sussidi didattici. La datazione degli oggetti è varia: va dagli anni ’30/ ’40 agli anni ’80. Alcuni sono i “nonni “dei più moderni sussidi didattici: come le tombola delle sillabe o delle tabelline, sostituite ormai dai più contemporanei giochi alla Lim. Altri sono decisamente molto curiosi e per certi aspetti misteriosi, come quella strana catena di ferro costituita da “aghi” lunghi circa una ventina di cm e che presumibilmente serviva o come strumento di misurazione o come catena dei numeri montessoriana.
Tra i vari oggetti, degni di nota, un vecchio tellurio di notevole fattura e ancora funzionante con portalumino di vetro blu, manovella di legno e supporto di bronzo.
Per saperne di più: http://www.museodellascuolaparabiago.it/ .
Scuola “A. Manzoni” di Parabiago
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